#2-C'erano una volta un giallo, la divulgazione scientifica, e il diritto a non finire un libro
Rieccoci alla puntata #2 di Jerome: leggere disordinatamente.
Io sono Laura, ho trent’anni e qualche deviazione standard, e oggi voglio parlarvi di un libro giallo ambientato in Québec, due saggi di divulgazione scientifica, e del sacrosanto diritto di non finire un libro che non c’è piaciuto- anche se madaiiii, non si chiude Flaubert!
(Ebbene sì).
Bisogna che lo confessi: ho una passione smisurata per i gialli.
Non perché abbia chissà quali pretese di logica scientifica, grazie alla quale Sherlock Holmes individua l’assassino osservando l’andamento delle cuciture del risvoltino di sinistra dei pantaloni.
Piuttosto, leggo i gialli con la tranquillità e il pathos di chi legge le previsioni del tempo- e vuole sapere come andrà a finire.
-Pioverà sì o no a Pasquetta?
Difatti, non c’è niente di meglio del meteo a tenerci col fiato sospeso, che è poi quello che chiedo ai libri che leggo: tenermi col fiato sospeso.
Ecco perché sono sempre, costantemente, alla ricerca di nuovi gialli e di nuovi romanzieri sapienti, al pari di Agatha Christie, Simenon, Fred Vargas, Fruttero & Lucentini.
E dunque, il mese scorso ho scovato in libreria “Natura Morta” di Louise Penny, un giallo che profuma di foglie secche, di caldo focolare, di villaggio in cui si conoscono tutti, di torte appena sfornate, e dell’ex maestra del luogo, Jane Neal- la gentilezza personificata- che viene trovata morta stecchita.
Nel bosco, trafitta da una freccia dritta al cuore.
[Eeeera uno sguardo d’amoreee, la freccia nel cuoreee…ah no. Scusate, quella era la spada nel cuore. Ogni tanto mi parte la vena vintage].
Jane Neal muore poco prima dell’avvento di una mostra curata dall’associazione artistica di Three Pines, il villaggio protagonista della storia- mostra in occasione della quale l’ex maestra avrebbe dovuto esporre il suo quadro capolavoro intitolato “Giorno di Festa”.
Ma che cosa- o meglio, chi- si nasconde nel quadro di Jane?
Qual è il messaggio che vuole lanciare la vecchia maestra con la sua opera d’arte?
Whodunit? Chi è stato?
“Natura Morta” è un giallo classico che ricorda un po’ Agatha Christie, un po’ Fred Vargas, tra le atmosfere boscose e il duo armonico di investigatori, il commissario Armande Gamache e l’ispettore Beauvoir, accompagnati dall’insopportabile carrierista agente Nichol.
Di “Natura Morta” mi sono piaciuti: il senso di familiarità e la narrazione della quiete del villaggio, l’atmosfera boscosa, il profumo del legno e delle foglie autunnali, il ritmo della storia, che invoglia a girare la pagina per sapere chi è stato. Difficilmente ci si annoia, talvolta si ride garbatamente, come quando leggiamo:
Nel corso della vita Gamache aveva visto abbastanza dolore, e ormai aveva capito che ognuno lo affronta a proprio modo. Una delle sue zie, per esempio, svegliandosi un mattino e trovandosi accanto il cadavere dell’uomo con cui era sposata da cinquant’anni, aveva per prima cosa chiamato la parrucchiera per disdire l’appuntamento. Dunque non era il caso di giudicare le persone in base a ciò che fanno quando ricevono una brutta notizia.
Di “Natura Morta” non mi sono piaciuti: i personaggi- anche e soprattutto quelli principali, come Armande Gamache stesso-mal caratterizzati, figurine piatte, senza lo spessore mostrato da un Jean Baptiste Adamsberg (adorato protagonista della saga ideata dalla giallista francese Fred Vargas) o i tic caricaturali di un Adrien Danglard (adoratissimo vice e braccio destro di Adamsberg).
Paradossalmente, sono i personaggi secondari di “Natura Morta” ad essere meglio raccontati, più presenti e vividi, come ad esempio l’insopportabile agente Nichol, che, tutto sommato, è la più sopportabile di tutti.
Anche il flusso della storia- sebbene retto da un ritmo narrativo sostenuto- è un po’ sgangherato, con alcuni buchi di trama, situazioni messe lì a casaccio ed un colpevole che, insomma, perché mai proprio lei/lui quel colpevole?
In conclusione, “Natura Morta” è un giallo piacevole e senza troppe pretese narrative. Uno di quei libri che si fanno leggere, e che ti mettono in una placida disposizione d’animo- finanche nei confronti dell’assassino.
Chi ha letto altri romanzi della stessa serie con protagonista Armande Gamache sostiene che siano migliori di “Natura Morta”, che è il primo della saga.
Staremo a vedere…
“Natura Morta”, di Louise Penny, 2022-Einaudi Stile Libero Big-pp. 416, 22 euro.
Una delle mie innumerevoli passioni è la comunicazione della scienza, un termine molto ampio che racchiude varie forme di comunicazione e vari destinatari. In particolare, mi interesso alla sociologia della scienza, al rapporto tra scienziati e non scienziati, all’umanità degli scienziati e alle politiche di sostegno, valutazione e finanziamento della ricerca scientifica.
[Magari, con una mezza idea di cominciare una carriera nella comunicazione scientifica, perché no?]
Il mese scorso ho letto due libri che parlano di “divulgazione della scienza”, o sono comunque inerenti a questo campo molto variegato.
“Scrivere di Scienza”, di Silvia Kuna Ballero e “È naturale bellezza” di Beatrice Mautino.
“Scrivere di Scienza” è un manuale molto agile, in cui Ballero, che è un’astrofisica, docente di matematica e scienze e divulgatrice, fornisce le basi per fare una buona divulgazione della scienza che utilizzi i numerosissimi formati (cartacei e digitali) a disposizione.
L’articolo di scienza, l’intervista, i social network, il podcasting, la radio, fino ad arrivare al temuto saggio scientifico: Ballero li passa in rassegna tutti, caratteristiche, pregi e difetti, possibili destinatari, cosa fare e cosa non fare.
Molto interessanti sono le interviste a vari professionisti del settore della divulgazione scientifica italiana. In particolare, l’intervista a Daniela Ovadia ci illumina su quanto sia complicata la comunicazione della scienza medica, di quanto sia difficile instaurare un rapporto di fiducia tra medici e pazienti, e di quanto questo tipo di comunicazione sia esso stesso in divenire, oggetto di esperimenti, tentativi, ricerca continua.
“Scrivere di Scienza” è un ottimo punto di partenza per chi si affaccia al mondo della comunicazione scientifica per la prima volta, e vuole avere un canovaccio per sperimentare forme, stili e target della divulgazione.
Per rendersi conto che comunicare la scienza è qualcosa di più che enunciare una sequela di fatti scientifici.
“Scrivere di Scienza”, di Silvia Kuna Ballero, 2023-Editrice Bibliografica-pp. 176, 19 euro.
“È naturale bellezza” è il terzo libro scritto da Beatrice Mautino, aka Divagatrice su Instagram, che ci racconta le luci e le ombre dei cosmetici bio, come recita (più o meno) il sottotitolo del saggio.
Mautino, che con Emanuele Menietti conduce il fortunato podcast “Ci vuole una scienza” per Il Post, ci svela le complessità del mondo della cosmesi naturale, attraverso un ricco repertorio di interviste, racconti e riflessioni ben documentate.
Il libro è interessante e scritto bene, ma devo ammettere che non mi ha entusiasmato particolarmente.
Sebbene in “È naturale bellezza” siano molto importanti e centrate le riflessioni sul nostro rapporto col “naturale” (per cui vige la convinzione- errata- che tutto quello che è naturale= più sano), il tono narrativo del libro è- talvolta- un pochino pedante, quasi paternalistico.
Mautino insiste molto sulla complessità del mondo della cosmesi, sulla complessità del marketing che c’è dietro, sula complessità delle valutazioni scientifiche da fare, sulla complessità delle persone coinvolte e sulla complessità dei consumatori, sulla complessità dell’industria, sulla complessità della legislazione…
Insomma, viviamo in un Mondo complesso (e siamo pieni di complessi).
Personalmente, avrei fatto a meno di un paio di appelli rivolti al lettore alla fine di qualche capitolo (del tipo “non so a voi, ma a me questa complessità piace”, oppure “non so voi, ma avere tutti questi controlli mi fa stare tranquilla”- le mie sono parafrasi di parti di testo riportate a memoria, sia chiaro).
Show, don’t tell: la ricchezza dei fatti ben documentati, la profondità e la sapienza delle interviste agli addetti ai lavori mostrano già di per sé che abbiamo un rapporto complesso col naturale.
D’altro canto, è possibile che io non sia il destinatario adatto a questo tipo di libro, che rimane un saggio importante per documentarsi e aprire gli occhi sulle trappole del marketing.
“È naturale bellezza”, di Beatrice Mautino, 2022-Mondadori-pp. 216, 13 euro.
E veniamo all’ultimo libro di questa seconda puntata di “Jerome”. Anche qui ho da farvi una confessione- di cui, peraltro, vi avevo già accennato nella prima puntata di questa newsletter:
Io scelgo i libri in base alla copertina. Spesso e volentieri.
Ecco che, dunque, ho scelto l’ennesimo romanzo dalla copertina bellissima, appartenente a quella collana bellissima che è Le Strade, edita da Fazi- la quale ricade tra le mie case editrici preferite.
Questa volta ho scelto “Divorzi”, di Susan Taubes.
E ho cannato.
Sophie Blind è una donna ungherese e un’artista intrappolata in un matrimonio con un uomo odioso, del quale vuole liberarsi. Nel mezzo- mi pare di capire- ci sono i figli, il rapporto con un amante che vive dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, la storia dell’Ungheria.
Dico “mi pare di capire”, perché in realtà “Divorzi” non l’ho finito.
Il libro è strano: comincia dalla fine e ripercorre la storia della protagonista attraverso un disordinatissimo, straniante ed angosciante monologo/flusso di coscienza in cui realtà, sogno, presente e passato si intrecciano in maniera piuttosto sconnessa, per cui il lettore a una certa si ferma e dice:
EEEEEEH???????!!!!
[Per poi buttare il libro dalla finestra].
Ecco, io non ho buttato “Divorzi” dalla finestra- non ancora, almeno- ma ho deciso che per il momento BASTACOSI’ e ho cominciato “Tempi glaciali” di Fred Vargas.
[Di cui- magari- vi racconto un’altra volta].
Leggere, infatti, è per me sempre, categoricamente, inesorabilmente un piacere.
Non capisco- non ho mai capito, e mai capirò- chi si autoinfligge la tortura di portare a termine un libro che si è iniziato a tutti i costi, pena il flagello di Dio.
La vita è troppo breve per stare appresso ai libri brutti.
“Divorzi”, di Susan Taubes, 2023-Fazi Editore, pp. 322, 19 euro.
E con questa chiosa sui diritti dei lettori, siamo giunti alla seconda puntata di Jerome. Grazie per essere arrivati fin qui. Se vi è piaciuta, scrivetemi, commentate, divulgate. Se non vi è piaciuta, scrivetemi, commentate e divulgate comunque- non capisco perché al giorno d’oggi la ggggente condivida solo quello che le piace, senza soffermarsi- e crescere- nel disaccordo.
Se volete essere protagonisti di una puntata di Jerome, scrivetemi: io adoro raccontare i libri degli altri!
Nel frattempo, ci vediamo il 3 giugno!